Testo per il catalogo della mostra:
“Polvere negli occhi, nel cuore sogni”
Collezione Permanente Arte Contemporanea Liceo Bafile, L’Aquila – 2010
Michela Scolaro

Per Oreste Casalini esplorare lo spazio è una necessita, confrontarsi con dimensioni
distanti d’esistenza e di espressione. Un’urgenza di accumulare immagini, emozioni,
ricordi e dissipare energie e giorni. Alle sue inquietudini, alla sua curiosità, hanno portato
soccorso e alimento i lunghi viaggi, dall’India agli Stati Uniti, e il dialogo ininterrotto con i
maestri della storia della pittura, avventure nel tempo altrettanto intense e coinvolgenti,
come testimonia la sua produzione di pitture, sculture, disegni. Tracce materiali diverse,
risultati della stessa inclinazione naturale a variare, sperimentare, per poi mettere tutto
assieme.
E’ una sintesi originale, colta e potente quella elaborata infine da Casalini, che governa
forme essenziali che tendono a farsi simboli elementari, arcaici persino, per ampliare
ulteriormente i loro significati. Le definisce un segno che non conosce indecisione ma
costruisce ampio, continuo, direttamente col colore unito, pronto a dilagare in campiture.
Gli spazi che le accolgono alludono, anche nel piccolo e medio formato, al monumentale,
secondo una concezione che rimanda alla lezione di Sironi, come nelle composizioni a
scomparti, che rinnovano l’antica struttura del fregio narrativo pur senza raccontare
imprese, un montaggio in successione di fotogrammi immoti, nei quali si allineano figure
ieratiche e oggetti rituali, alternati, sovrapposti, scambiati di luogo e ruolo, scanditi da una
metrica di lunghe pause. In queste sospensioni si stagliano volti senza identità, scolpiti piu
che dipinti, e sagome, figure vuote, segno/presenza dell’essere dell’artista. Congiunge,
nonostante tutto, il cielo e la terra, l’albero dai tronchi mozzi. Ha una storia piu antica della
breve profondità alla quale giungono le sue radici costrette nel vaso. Emblema della
Solitudine per Arturo Martini, diventato sottile come una fessura in Lucio Fontana, ne
nasconde o rivela il buio misterioso.
E’ qui immagine di tenacia e di fiducia, di fede intatta, capace di mantenersi integra e
solida al di la di ogni apparente, umana, ragionevolezza. L’albero evocato da Tarkowsky,
“Un regalo è sempre un sacrificio, se no che regalo sarebbe!”, e il simbolo della vita
sempre risorgente, che richiede, tuttavia, per tornare ad essere, per inondare ancora una
volta il cielo con i suoi riflessi d’oro, il dono di sè, la dedizione e la cura assoluti. La sua
bellezza fragile ma senza incertezze è il premio all’assenza di dubbio, la fede confermata,
la preghiera finalmente esaudita.

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