Antonio Di Gennaro

L’opera di Oreste Casalini realizza uno straordinario paesaggio italiano. Un paesaggio che è nello
stesso tempo sobrio, al limite della povertà, e regale. Per la limpida armonia dei volumi, la semplicità delle linee, la povertà e l’autenticità dei materiali (le nostre arenarie, calcareniti, tufi, con tutta l’incredibile tavolozza degli ocra e delle terre…terra di Siena… con una goccia di blu si brucia, una nuvola ha coperto il sole, si passa all’ombra, freddo alle braccia…). Strutture che fanno parte della nostra memoria più profonda. Quel portico è allo stesso tempo acquedotto romano-portico trecentesco-ponte ferroviario di una valle appenninica minore – ma è anche parte di una casa contadina. In ogni caso cose successe prima della grande trasformazione che ha cambiato faccia all’Italia. Senza riuscire a costruire archetipi altrettanto potenti, cosicchè la nostra condanna è di dover misurare gli spazi del presente con vecchi strumenti, quelli che la cultura italiana ha instacabilmente costruito per due millenni, fino a cinquant’anni fa.
Probabilmente noi nati nei primi anni ’60 siamo gli ultimi testimoni. Non è un merito, ma purtroppo è così. Non sono sicuro che per quelli venuti dopo sia lo stesso. Il lavoro di Oreste Casalini racconta tutto questo, con memoria e con scienza, con l’autenticità e la nettezza di un rilievo

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