Oreste Casalini
“Dal bianco al nero” è un ciclo di opere realizzate nel Castello di Rivara durante
l’estate del 2011.
Vivere e lavorare a Rivara prima che un progetto di lavoro è un’esperienza. Essere
accolti in un posto come questo è come a salire a bordo di una astronave, entrare a far
parte di un mondo fantastico e reale allo stesso tempo. Perfettamente connesso e
attuale ma allo stesso tempo distante da tutto, fuori dal mondo, regolato da altre
leggi. Basta varcare i cancelli ed entrare nel parco per essere già in un’altro mondo,
grandi spazi, grandi silenzi, una natura ancora viva e regale, la montagna incombente.
Tutto sembra a prima vista normale, ma qui non c’è nulla di scontato, non si tratta di
un museo, nè di una collezione, meno ancora di una galleria.
Il Castello di Rivara è una terra di confine, un enorme incrocio senza una mappa, un
ambiente definito, scandito, ordinato dalla presenza di migliaia di opere d’arte in
perenne movimento, dove ogni cosa esiste in conseguenza di un incontro, di una
relazione, persino le siepi sono forme da indagare. E’ un luogo immenso, non ci si
stanca mai di cercare dietro gli angoli, nei corridoi, nelle salette dimenticate, ogni
cosa ha una sua ragione, in ogni angolo una domanda, un messaggio, niente è
risparmiato. Cose che altrove sarebbero inconciliabili qui trovano un luogo dove
ridefinire le regole, scrivere una storia diversa, mescolare senza annullare, creare
continuamente nuove storie.
Lavorare in posto come questo significa essere costantemente all’ascolto, invasi da
mille idee tutte apparentemente buone, ognuna con una storia che meritebbe di
essere raccontata. Ci vuole la concentrazione e la costanza del contadino per non
perdersi, ritrovare la strada ogni giorno e non fare confusione.
Alla fine solo poche idee resistono e solo una cresce abbastanza per raccogliere tutte
le altre e tramutarsi in lavoro, un percorso da percorrere al meglio fino in fondo, costi
quel che costi. E’ questa la condanna e la santità degli artisti, la posizione
insostenibile che li costringe ogni volta a scommettere tutto, oltre il possibile, dare
sempre il massimo qualsiasi cosa accada. Per questo l’arte è senza mezze misure, o
tutto o niente, come l’amore, la fede, o c’è o non c’è, è questo è il gioco, conta solo la
meraviglia, il frammento di verità, quel tanto di autenticità che si riesce ad afferrare.
Franz Paludetto condivide in pieno questa follia, respira la stessa aria, si nutre della
stessa visione, la sua fame di entusiasmo è tragica e assoluta come quella degli artisti.
Questo è il motivo per cui gli sono sempre riconoscenti, nonostante le illusioni, le
delusioni, le mille acrobazie che si devono fare per tenere le cose assieme e non veder
sparire tutto, lui è comunque quello che ti viene a cercare, ti provoca, ti chiede il
meglio, non vuole altro che tu sia all’altezza dei tuoi sogni.
L’insieme di questi lavori è appunto l’immagine del tempo passato a Rivara, una serie
di reperti, sezioni, come frammenti di un unico paesaggio. Ogni opera è una mappa di
un territorio da esplorare, un disegno in forma solida, uno spartito da eseguire.
Il Nero è la base, la materia grezza, sempre pronta a prendere altre forme, dove tutto
si riduce ad una flebile traccia tra il lucido e l’opaco.
Nel nero le immagini emergono dal nulla, il disegno è puro ritmo, ogni cosa è pura
nota musicale, l’insieme esplode come una danza colta in un attimo, un concerto
infinito. Si entra attraverso i sensi, fisicamente, ma poi, all’improvviso ci si ritrova nel
mezzo di un campo di battaglia, tutto si anima, è una questione di tempo, la luce si fa
strada, forme sempre più precise emergono, si sovrappongono, si cancellano.
Ad ogni sguardo si solidifica una scena diversa, una annunciazione, un urlo, un angelo
che cade, le forze che si affrontano da tutti i lati diventano sempre più chiare,
l’architettura del quadro diventa più evidente, si sentono ritmi diversi, un canto
soffuso, una improvvisazione jazz, la materia si fa ritmo, un crescendo di stazione in
stazione, fino al dissolversi del tutto nella sola luce, nella pura modulazione di
sfumature di luce e ombra.
Nel bianco tutto trova il suo compimento, una figura angelica appare e scompare a
secondo delle ore del giorno, si colora dell’atmosfera, senza più confini tra un dentro e
un fuori, pura espressione dell’energia segreta che tiene insieme tutte le cose.
Materia e luce, quel che è presente, solido, materiale, e la pura vibrazione,
l’immateriale sfumare dei chiari negli scuri, dal bianco al nero.